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Un oscuro scrutare

image Sto scoprendo Philip K. Dick. Come molti, lo conoscevo per il film di Blade Runner. La narattiva di Dick è molto di più: il film è banale e piatto, il libro è una continua e straziante confusione tra reale e artificiale. Sto leggendo -ho finito- Un oscuro scrutare:  l’abisso della droga, identità che scompaiono, psiconalisi schizofrenica. In un futuro troppo simile alla realtà. La nostra realtà.

PS

Radio Rai ha pubblicato uno radio sceneggiato di Il cacciatore di androidi. E’ fatto bene, ed è molto fedele al romanzo (e molto diverso dal film). Lo trovate in P2P o nell’archivio Xdrive .

Per accedere a Xdrive:

  • 1 pagina di Xdrive
  • 2 inserire Nome account: Sceneggiati2 / Password: puntate2
  • 3 Clic su my account
  • 4 Nella nuova finestra clic My drive -> Sceneggiati -> Blade Runner

Qui, la guida dettagliata.

Meta celebrali

Osservate questa immagine. Chi è l’autore?

Ovviamente l’emisfero destro. E non potrebbe essere altrimenti, visto che sua è l’abilità pittorica, quella immaginativa, poco logica e razionale, ma iconica, allusiva e onirica.

Ma c’è di più: l’autore si riconosce non solo dalla mano, ma anche dal giudizio molto parziale nei confronti dell’altro emisfero, fin troppo celebrativo di tutte le sue doti, dimenticandosi i dolori che ci fanno passare i suoi colpi di coda.

Questo sono le idee che girano nel libro che sto leggendo ora, il linguaggio del cambiamento, dove le abilità di ogni emisfero fanno da filo conduttore alle riflessioni del libro. In un equilibrio spesso precario, ogni emisfero oltre ad avere delle funzioni specifiche, possiede una propria coscienza ed un proprio linguaggio. Ed è un linguaggio arcaico, composto di allitterazioni e assonanze, a tratti poetico ed evocativo, quello in grado di raggiungere l’emisfero destro: questo è il linguaggio del cambiamento, titolo del libro.

Cose già dette penserete voi: il libro è stato scritto nel 1977, probabilmente altre idee avranno sviluppato o confutato le teorie esposte. Non ho le competenze neuroliguistiche per giudircarle, ma rimane il fatto che questo modello m’è sembrato comprensibile ed significativo, oggetto di riflessioni scaturite durante la lettura del libro.

Aldilà di valenze terepeutiche, ho intravisto molte implicazioni pedagogiche. Penso all’idea dei carichi cognitivi, e come possa essere giustificata attraverso questo libro: le risorse didattiche più efficaci sono quelle che coinvolgono entrambi gli emisferi. Di esempi ce ne sono tanti, a partire dall’uso di immagini ed emozioni nella didattica. Penso ai blog, che con il loro stile personale, si prestano a intuizioni “globali” che vanno oltre il semplice messaggio, mettendo in gioco altre capacità oltre a quelle analitiche.

Voi che ne pensate?

Kurt Vonnegut

 Estate di qualche anno fa: in viaggio, un paio di libri, Guida galattica per gli autostoppisti e Mattatoio n. 5 di Kurt Vonnegut. Li leggo uno dietro l’ altro e rimango sbalordito.

 

In passato avevo letto qualcosa di fantascienza, Dune, Asimov, o il cyberpunk. M’ era rimasto il sapore di un genere compassato, a tratti originale ma spesso appesantito da invenzioni strampalate e archittetture complesse. Non pensavo potesse convivere uno stile raffinato con la descrizione di un’ intero universo.

 

Beh, mattatoio n. 5, è un romanzo impressionante: un frullato di persone, luoghi ed eventi, che si trascinano in un ogni pagina. In un bagliore diffuso, la fantascienza è un’ invenzione commovente, un’ onda anomala che spiega gli uomini e i loro fatti.

 

—–

 

Non l’ avete ancora comprato? In rete ci sono diversi articoli di Vonnegut:

Why My Dog is Not a Humanist
Vonnegut’s Blues For America
8 tips on writing
Una raccolta di citazioni

The Official Website of Kurt Vonnegut

Tags: book, Vonnegut

Il petalo cremisi e il bianco

Antonio divide il mondo dei lettori in due categorie: quelli che i libri li finiscono e quelli che i libri non li finiscono. Io sono nella seconda categoria, se il libro non mi piace lo lascio subito, non c’e’ feeling, stop. Ma mi accade lo stesso con i libri che pur mi piacciono molto: a poche pagine dal finale, di fronte alla disperazione di veder morire la storia e i suoi personaggi, preferisco la possibilit� di continuarlo in seguito e lasciarlo cos� “aperto” sul comodino.

Questo non � il caso del Petalo Cremisi: arrivato a pagina 600 mi sono pentito di non averlo mollato cento pagine prima. E non � un brutto libro, anzi: le prime 500 pagine sono un meraviglioso viaggio nella londra ottocento, attraverso i pensieri e la coscienza dei suoi abitanti, da quelli pi� umili fino alle clasi alte. Avvincente, crudo, notevole pure nello stile che riprende quello dell’ ottocento: ma finite le prime 500 pagine, persa la spinta iniziale, rimane solo il languare romantico di un Harmony formato famiglia un p� attempato. Peccato.


Il petalo cremisi e il bianco