Osservate questa immagine. Chi è l’autore?
Ovviamente l’emisfero destro. E non potrebbe essere altrimenti, visto che sua è l’abilità pittorica, quella immaginativa, poco logica e razionale, ma iconica, allusiva e onirica.
Ma c’è di più: l’autore si riconosce non solo dalla mano, ma anche dal giudizio molto parziale nei confronti dell’altro emisfero, fin troppo celebrativo di tutte le sue doti, dimenticandosi i dolori che ci fanno passare i suoi colpi di coda.
Questo sono le idee che girano nel libro che sto leggendo ora, il linguaggio del cambiamento, dove le abilità di ogni emisfero fanno da filo conduttore alle riflessioni del libro. In un equilibrio spesso precario, ogni emisfero oltre ad avere delle funzioni specifiche, possiede una propria coscienza ed un proprio linguaggio. Ed è un linguaggio arcaico, composto di allitterazioni e assonanze, a tratti poetico ed evocativo, quello in grado di raggiungere l’emisfero destro: questo è il linguaggio del cambiamento, titolo del libro.
Cose già dette penserete voi: il libro è stato scritto nel 1977, probabilmente altre idee avranno sviluppato o confutato le teorie esposte. Non ho le competenze neuroliguistiche per giudircarle, ma rimane il fatto che questo modello m’è sembrato comprensibile ed significativo, oggetto di riflessioni scaturite durante la lettura del libro.
Aldilà di valenze terepeutiche, ho intravisto molte implicazioni pedagogiche. Penso all’idea dei carichi cognitivi, e come possa essere giustificata attraverso questo libro: le risorse didattiche più efficaci sono quelle che coinvolgono entrambi gli emisferi. Di esempi ce ne sono tanti, a partire dall’uso di immagini ed emozioni nella didattica. Penso ai blog, che con il loro stile personale, si prestano a intuizioni “globali” che vanno oltre il semplice messaggio, mettendo in gioco altre capacità oltre a quelle analitiche.
Voi che ne pensate?