Appunti sparsi

Scrivo poco da parecchio – forse troppo – tempo. Mi sono convinto che c’è poco da scrivere, che il panorama della formazione a distanza sia immobile o quasi, che le cose sono le stesse (circa) di un anno, due anni, tre anni fa.

Ma la mia è anche una precauzione: troppe rivoluzioni annunciate sono rimaste solo tali, al limite si sono prestate ad una nuova stagione di marketing, per agghindare gli stessi prodotti delle stagioni precedenti con nuovi incredibili slogan.

E qui insomma ci si può sbizzarrire: Open Education Resources, Rapid E-learning, Mobile learning, Social Learning, Learning design. Tutte cose che hanno funzionato poco, che non sono riuscite ad imporsi nella corrente main stream, o che comunque non hanno determinato quei cambiamenti radicali che il settore avrebbe bisogno, per risvegliarsi da una catalessi che dura da diversi anni. Tutte poi, sono state annunciate come estramente vicine, estramente sicure, per poi svanire nel nulla.

E dall’altro lato, nonostante tutte le campane da morto, suonate una dietro l’altra, sono rimasti sempre lì le solite soluzioni (almeno in ambito business) learning object implacabili e LMS imperituri.

Eppure qualcosa si muove. Ed è in quest’ultimo mese (quello dove ho scritto di meno, no, meglio, quello dove meno mi ha sfiorato l’idea di scrivere qualcosa) che stranamente ho maturato l’idea che le cose stanno cambiando o stanno effettivamente per cambiare. Lentamente e forse in modo duraturo. Ed è con molto piacere che dopo, aver letto l’editoriale di Elisabetta Cigognini (si 2 g, taci che ho controllato prima di pubblicare!) su Formare, ho pensato di non essere il solo a percepire un possibile cambiamento, e che forse è veramente la volta buona. Forse tra qualche mese, si parlerà di qualcosa di nuovo. E soprattutto si farà qualcosa di nuovo. Speriamo di non perdere il lavoro con tutte queste storie.

Di seguito un pò di articoli che mi hanno fatto frullare le idee..

(continua…)

Parafrasando i termini del Hype Cycle (1) di un nuovo fenomeno tecnologico, il mondo delle tecnologie educative è partito in quarta (technologicy trigger), è uscito dalla bolla speculativa degli entusiasmi iniziali (peak of inflated expectations), ha superato la fossa delle marianne (trough of disillusionment) delle cocenti delusioni della fase tecnocentrista, in cui bastava avere una piattaforma, dei LO e al massimo un forum per fare bene e-learning, per assestarsi negli ultimi cinque anni della nostra time-line (slope of enlightenment) in quello che viene chiamato il plateau della produttività (plateau of productivity), che qui chiamerei «plateau del buon senso»

Elisabetta Cigognini Editoriale – Formare

This old story is playing out again. In additional to social learning, vendors are claiming to provide informal learning. Instead of email, you get blogs and wikis tacked on. This is akin to saying that word processors write novels: it’s hardly the whole story.

Informal snake oil – Jay cross

Now social learning is being picked up by software vendors and marketers as the next solution-in-a-box, when it’s more of an approach and a cultural mind-set

Social Snake oil

Per fare le cose fatte bene e’ necessario stare vicino al cliente, passare del tempo con lui e studiare insieme le soluzioni utili. Di conseguenza è anche un’attività difficilmente (o malamente) standardizzabile. E’ possibile standardizzare l’e-learning ma, generalmente, i risultati sono pessimi.

Mauro Sandrini – elearning e innovazione

Quando parlo di contenuti co-costruiti dagli studenti, di contenuti che esauriscono la loro funzione non appena “costruiti”,  mi riferisco alla tematica della rappresentazione della conoscenza costruita dalla persona che ha appreso. L’apprendimento è nel processo, non nel contenuto. Per apprendere bisogna “costruire” (*) usando i contenuti come strumenti.

Gianni Marconato

1 thought on “Appunti sparsi

  1. Max

    le affermazioni che citi rappresentano, per me e per noi, sfondamenti di porte. Word processors don’t write novels.
    Ma a questo punto il problema qual è? Che chi “vende” soluzioni elearning le vende in questo modo (va di moda il social learning, perbacco io vendo soluzioni per il social learning, e così via, a seconda della moda) O che chi compra soluzioni elearning vuole sentirsi dire esattamente che ha comprato qualcosa con cui i suoi collaboratori imparano in meno tempo-soldi-fatica ecc?
    O tutte e due le cose? Cioè che sia venditori che compratori “se la raccontano” rispetto ai poteri magici di qualcosa che in fin dei conti è uno strumento per facilitare dei processi e tutti fan finta di dimenticarsi dei processi (che costano tempo e fatica)?

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