La conquista dello spazio

Da una nota del 19/8/06:Sono tornato a casa, nel mio ambiente di apprendimento personale. In bici, è estate e attraverso la periferia che scompare tra le ombre del crepuscolo e gli ultimi campi che ancora resistono. C’è una grata, quando ci passo sopra emette un suono gutturale ed intermittente: è piacevole scoprirne le tonalità zigzagandoci sopra, come quando da bambino passi la mano lungo l’ inferriata dei cancelli, o forse ancora prima, nei giocattoli sonori dell’ infanzia. Nel tumulto delle impressioni momentanee,anche altri ricordi emergono.

Sto guardando la TV, forse è estate, è un film di fantascienza, Solaris. Alcuni astronauti raggiungono una stazione spaziale in orbita: a bordo c’e’ un fruscio sommesso e continuo che si propaga in tutti gli ambienti. Sono strisce di carta appese alle grate dei condizionatori, servono a ricordare il fruscio degli alberi sulla terra, la notte, quando gli astronauti stanno per addormentarsi. E’ in questa metafora che si racchiude il senso del film: non esiste uno spazio esterno, non esiste lo spazio siderale, fatto di buio e distanze immense: esiste solo un processo di umanizzazione di ciò che è esterno, in qualunque condizione esso avvenga, a qualunque costo e prezzo. Persino nel vuoto più totale.

Era il 1972 ed in questo modo il regista russo Tarkovsky, piegava le gloriose traiettorie che conducevano l’uomo alla conquista dello spazio: riportandole a terra, lungo i binari dei ricordi personali, dove ogni esplorazione umana svanisce nel proprio passato.

Dall’ altra parte della cortina, anche un’ altro regista racconta la conquista dello spazio: tra i vari episodi che compongono Odissea nella spazio, compare quello di Hal 9000, l’ intelligenza artificiale che reclama il suo diritto a vivere. E’ sorprendente come visto attraverso questi due film, il nostro presente non sia altro che una sintesi di quelle due visioni: scomparsa la conquista dello spazio, scomparsa l’ intelligenze artificiale (almeno per ora), non rimane che un processo di umanizzazione che non conosce limiti, e raggiunge persino il silicio di cui sono composti i processori. Ma questa è un’ altra storia.

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